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“Insieme a voi” e il suo focus sugli psicofarmaci

“Insieme a voi” e il suo focus sugli psicofarmaci

Il semestrale dell’associazione Insieme a noi di Modena ha affrontato un tema complesso e delicato ma spesso necessario. E lo ha fatto raccogliendo le considerazioni di alcune persone che ne fanno uso

di Simona Gotti

MODENA - “Il primo impatto con i farmaci fu strano. Neanche tanto doloroso, ma scioccante. Ero molto magro e fui ricoverato in Diagnosi e cura per un episodio psicotico. Non so esattamente quanto ci rimasi ma i dottori e gli infermieri mi diedero un farmaco che si chiamava Ziprexa. Era il 2010. Passata tanta acqua sotto i ponti. Mi ricordo solo la mia magrezza ed è questo il dettaglio più rilevante. Dopo qualche giorno andai a casa e tutto quello che cucinava mia madre lo mangiavo. Il farmaco mi aveva aumentato l’appetito e avevo una fame atavica. Un giorno mi pesai e cacciai un gemito di sorpresa. Ero 100 kg e avevo fame. Quando andai dallo psichiatra mi cambiò il dosaggio e la fame diminuì. Fu decisamente uno scioccante impatto, ma ironicamente goloso”. Matteo

Questa è solo una delle testimonianze pubblicate su Insieme a voi, giornale semestrale dell’associazione Insieme a Noi di Modena, che sul n. 2/2023 ha focalizzato l’attenzione soprattutto sugli psicofarmaci e le Linee guida per i percorsi di de-prescrizione (tema che noi di Parliamone Insieme affronteremo prossimamente). Nata nel 1994 per costruire un modello di inserimento sociale delle persone dimesse dai reparti psichiatrici, in 25 anni l’associazione ha sviluppato la sua attività prima per i familiari di persone con sofferenza psichica e poi a favore delle stesse, elaborando progetti di inclusione sociale. Il gruppo di scrittura del giornalino ha scelto di approfondire il proprio rapporto con le medicine, approccio complesso, spesso con effetti indesiderati e a volte con rischi sanitari. Gli scritti ci raccontano storie di vita. Di seguito pubblichiamo qualche estratto.

La camicia di forza dei farmaci psichiatrici La prima volta che assunsi farmaci psichiatrici fu nel 1978, avevo 20 anni; in quel momento ero ricoverato in una nota clinica privata modenese. Per me si apriva uno scenario che adesso, 45 anni dopo, non è cambiato. Un’infermiera urlò il mio nome, io risposi e dissi: ‘Ma che medicine sono? Risposta: ‘A te non deve interessare, servono per chi ha la testa bacata’. Bell’esordio, non è vero? Ogni mattina mi ero abituato alle ‘goccine’ di Largactil, Serenase, Valium. Ogni giorno mi sentivo sempre più debole, dormivo anche 15/16 ore al giorno e avevo una salivazione incontrollabile. Poi, mi presi qualche mese di pausa (non seguii la terapia domiciliare, ma ero molto migliorato senza medicine). Quando mia madre scoprì che non prendevo le terapie, lo disse allo psichiatra privato che mi seguiva e così ritornai alla casa di cura. Il solito infermiere sadico mi disse che d’ora in poi dovevo prendere la terapia con l’ausilio della fleboclisi. Commento: ‘Così fai meno il furbo’. Ero uno zombie, cercavo di lottare con tutte le mie forze per non dormire, pensavo di essere drogato, ma non c’era nulla da fare. Non sto a tediarvi con gli alti 45 anni di somministrazioni selvagge (le piglio ancora adesso!!!), ma mi ritengo una vittima della cosiddetta camicia di forza chimica”. Antonio

Anche Marco ha cominciato a fare uso di farmaci psichiatrici per la prima volta tra i 19 e i 20 anni, ma la sua testimonianza è diversa. “Avevo avuto una crisi perché avevo abbandonato la facoltà di Scienze biologiche: il medico di famiglia mi prescrisse un ansiolitico e cominciai a stare molto meglio tanto che mi iscrissi alla facoltà di Legge. In seguito ebbi altre crisi negli anni ‘80 e nei primi anni ‘90 e andai al SIMAP dove continuarono a somministrarmi ansiolitici. Quando nel ‘92 fui ricoverato in Psichiatria conobbi uno psichiatra che mi seguì anche privatamente dopo il ricovero. Mi ridusse gli ansiolitici rimpiazzandoli con un antiossessivo, perché avevo la mania di controllare più volte se l’acqua era chiusa, se la porta era chiusa, ecc. Con lui avevo un buon rapporto, era affabile e cortese. In seguito, nei primi anni 2000, lo rincontrai in day hospital dove mi fu somministrata la terapia che faccio attualmente: un antipsicotico, un antiparkinsoniano (che ha dato ottimi risultati), un farmaco che concilia il sonno e un ansiolitico. Un’esperienza che ho fatto con un altro farmaco diversi anni fa, invece, è stata negativa. Infatti per 10 giorni consecutivi non sono riuscito a dormire. Avvertii lo psichiatra che me lo cambiò e da allora stetti bene”.

Per approfondire: INSIEME-A-VOI-Dic-2023 (pdf)

 

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