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Mai più legati. Un obiettivo che in alcune strutture è già realtà

Mai più legati. Un obiettivo che in alcune strutture è già realtà

In Emilia-Romagna sono tre gli Spdc no restraint, e dal 2011 al 2021 le contenzioni fisiche sono calate del 79,5%. Merito di due circolari regionali e delle Buone pratiche per la prevenzione della contenzione in ospedale

di Michela Trigari


RAVENNA - In Emilia-Romagna sono tre i Servizi psichiatrici di diagnosi e cura (Spdc) no restraint, ossia i reparti ospedalieri dove non si applica la contenzione meccanica: si tratta di Ravenna, San Giovanni in Persiceto (Bologna) e Carpi (Modena). Per comprendere l’importanza e necessità della loro riduzione, occorre considerare che la contenzione non è un atto sanitario, ma un provvedimento eccezionale a cui ricorrere solo nell’esclusivo interesse del paziente. Per questo la Regione Emilia-Romagna ha emanato due circolari (n. 16/2009 e n. 1/2015) e una serie di Buone pratiche per la prevenzione della contenzione in ospedale, con l’obiettivo di arrivare a un progressivo superamento della contenzione fisica attraverso indicazioni organizzative, il monitoraggio e la valutazione, disponendo che ogni Spdc tenga un registro per raccogliere i dati sulla contenzione, prevedendo la convocazione di un audit clinico nei casi di contenzioni ripetute o prolungate e richiedendo una relazione annuale sulle azioni intraprese per migliorare i fattori che possono prevenire il ricorso alla contenzione meccanica come per esempio la formazione del personale e l’adozione di protocolli.

Finora i risultati sono stati molto positivi: dal 2011 al 2021 le contenzioni sono calate del 79,5%, passando da 972 a 199. La differenza è più evidente in alcune Ausl: Modena è passata da 453 contenzioni a una, Parma da 137 a due, la Romagna da 207 a 64. L’unico dato in lieve aumento solo quello di Bologna, che nei due ospedali “Maggiore” e “Malpighi” è passato da 52 casi a 78 in unici anni. Inoltre gli Spdc di Ravenna, San Giovanni in Persiceto (nel bolognese) e Carpi (nel modenese) possono definirsi no restraint, cioè sono riusciti ad azzerare i mezzi di contenzione fisica grazie all’adozione di alcuni interventi relazionali che la pratica clinica ha consolidato come modelli (fonte: “Quarto report regionale sulle fonti informative per la sicurezza delle cure” redatto dal Centro regionale per la Gestione del Rischio sanitario – Osservatorio regionale per la Sicurezza delle cure). La patologia che determina il maggior numero di contenzioni è la psicosi schizofrenica, mentre la motivazione che porta a questa prassi è soprattutto l’agitazione psicomotoria con rischio di lesioni per sé o per gli altri.

Queste cifre e le tecniche per il superamento della contenzione sono state recentemente al centro di due giornate formative organizzate dal Dipartimento di Salute Mentale-Dipendenze Patologiche dell’Ausl di Ravenna, mentre l’anno scorso erano già state oggetto di un articolo pubblicato sul volume n. 23 della rivista online Nuova rassegna studi psichiatrici. «No restraint è un metodo di lavoro che, se applicato, può portare al superamento della contenzione meccanica, riduce il numero di giornate perse per infortunio del personale, gli episodi di aggressività, la spesa sanitaria complessiva per ogni ricovero. Alla base vi sono fattori architettonici del reparto, l’organizzazione interna e la gestione delle interfacce, l’attività clinica e assistenziale e la formazione del personale», si legge sulla rivista. A firmare l’articolo, alcuni degli stessi relatori delle due giornate seminariali: Roberto Zanfini, Maria Cristina Crescenti, Manuela Ricci e Barbara Bandini, tutti operatori del Servizio psichiatrico di diagnosi e cura di Ravenna. Il messaggio finale? Anche se non si nasce Spdc no restraint, lo si può comunque diventare.

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il sito della Consulta regionale per la Salute Mentale dell’Emilia-Romagna


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Si ringrazia la Regione Emilia-Romagna

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